Teatro

TEATRI DI PIETRA: Antigone e le altre

TEATRI DI PIETRA: Antigone e le altre

Una grotta attraversa da un estremo all’altro la collina di Posillipo, e percorrendola si ha la sensazione di scivolare nelle viscere di una Napoli nascosta. Bisogna scorrere quasi ottocento metri, si possono contare più di milleseicento passi prima di arrivare all’antica cavea.
Qui, all’interno della Grotta di Seiano, avvolte dalla penombra, confuse e miste alla terra ed al fango, appaiono delle donne, come spiriti imprigionati, anime in gabbia.
Bisbigliano, bisbigliano qualcosa, come soffio d’aria umida, come ronzio di mosche.
Così ha inizio Antigone Circus, bisbigliando dell’amore e dell’eros di sette donne, sette storie, lungo un’unica strada scavata nel tufo.
Flavia Chiarolanza ha voluto narrare di loro, ha voluto che parlassero, che urlassero, che noi le potessimo sentire. Dal suo testo Antigone Hotel, nasce lo spettacolo di Maria Angela Robustelli Antigone Circus, il racconto di sette figure femminili mitiche, il racconto della loro storia e della loro esistenza, del modo in cui hanno vissuto, del mondo in cui hanno vissuto la loro vita-non-vita.
Appesantirsi, sporcarsi le mani con la terra, la propria terra. Sentirla fangosa, raggrumata sulla pelle, sentirsi parte di essa. Ci si deve sporcare per comprendere il peso del proprio corpo, per guardare lo spessore delle proprie orme. E’ la pesantezza che ti dà la coscienza delle azioni, è la pesantezza che ti condanna. La condanna ad avere una collocazione nell’universo. Condannate a vita.
Antigone Circus è uno spettacolo dal forte impatto visivo ed emotivo, il mito rivive in una lucida follia entro il perimetro della pista di un circo abbandonato. Antigone, interpretata da Maria Angela Robustelli, ha capito che bisogna soffocare la propria leggerezza per ossigenare la libertà, non volare ma rotolarsi al suolo, per sentirsi terra nella terra. I morti ritornano dalla terra sulla terra. Questa è la strada che riporterà, infine, alla leggerezza. Marianna Robustelli è Cassandra, evanescente, vibrante, convulsamente profetica, drammaticamente mistica, urla col suo corpo le divinazioni che gli altri non vogliono ascoltare dalla sua voce.
Medea è magica, sciamanica, esegue riti ancestrali, nella stregata interpretazione di Odile Saye, che tutto incanta con la sua nenia infinita.
Elegante e sofisticata la Fedra di Loretta Palo, sfacciatamente bella e attraente Elena, interpretata da Giorgia Guarino. Fedra in viola, Elena in rosso, passione e desiderio.
Alessandra Mirra è Clitennestra, solo una volta, quasi impercettibilmente, accenna un gesto con la mano. Scaccia le mosche, le mosche di Argo, onnipresenti protagoniste mute di questo meccanismo diabolico del rimorso. Ma a nulla vale l’eterno rimorso di Clitennestra, perché i suoi figli hanno già pianificato l’esecuzione. Elettra, Marina Cavaliere, comanda il gioco e svela finalmente l’unico personaggio maschile e fino a questo momento muto, presente nel cerchio. E’ lui, Oreste, interpretato da Luca Narciso, travestito, camuffato, evita di incrociare gli occhi della madre Clitennestra. Ma li incrocerà, alla fine. Un gesto liberatorio, per accollarsi la responsabilità della vendetta, per intera, su di sé. Per liberare la propria coscienza e le altre. Per liberare e basta.
Uno spettacolo sicuramente suggestivo, protagonista il gesto più che la parola, forse a tratti eccessivamente enfatica e celebrativa. Uno spettacolo complesso, che rimandando la memoria a fatti di cronaca recenti, restituisce un mito attualizzato, riconoscibile nelle figure criminali di cui leggiamo quotidianamente sui giornali.
Elettra, algida istigatrice, assassina per mano del fratello, aizzato e strumentalizzato, martire della sua Guerra Santa. Medea infanticida terribilmente fredda.
Le attrici sembrano dare vita ad un quadro di James Ensor, maschere grottesche, deformate in smorfie orribilmente surreali. Forse, a tratti, lo spettatore rischia di perdere il sottile filo nero che accompagna le storie di queste donne, e che le vede imbrigliate in una ragnatela imprigionante. La regia di Maria Angela Robustelli è accattivante, scandita ritmicamente dagli interventi musicali di Francesco Divaio, Alberto Spisso e Dimitri Tetta, che hanno accompagnato Maria Grazia Altieri in una pizzica tarantata, e Andrea Narciso in un tempo di walzer.
L’affascinante testo originale di Flavia Chiarolanza, Antigone Hotel, pubblicato da Arduino Sacco Editore, fa parte del volume “3 sfide”. Qui le protagoniste sono chiuse in un carcere.
Teatri di pietra - Classico ‘900, per la direzione artistica di Aurelio Gatti, offre delle visioni emozionanti, coinvolgenti, in un luogo magico, il Parco archeologico di Pausylipon. Pausylipon, ovvero “pausa dal dolore”. E il cerchio di Antigone si chiude.